
CULTURA
Prospettive Siciliane, il giornale che lo portò alla morte
26 giugno 2007
La testata d Prospettive Siciliane, pubblicato il 25 dicembre 1959.

“Cosimo è stato ucciso perché scriveva sui giornali – dice la madre – e
glielo dicevo io di essere prudente. Non mi ascoltava. Mi hanno riferito che
qualcuno rideva quando qualcuno di quelli lo avvicinava per strada e lo
minacciava senza mezzi termini. Fondò il suo giornale per potere scrivere di
più e meglio contro la mafia. La sua condanna a morte fu decisa quel giorno. Mi
portò la prima copia di Prospettive Siciliane. Era felice. Io tremai a leggere
i soli titoli. Quando il pomeriggio di quel giorno maledetto mi dissero che
l’avevano trovato morto tra i binari il cuore mi si fermò. Dissi: ecco lo hanno
fatto… Guardi, se la prendeva con tutti. Qui c’è messo che due monaci di
Mazzarino facevano parte di una banda di briganti. Qui scrive che al comune di
Termini qualcuno percepisce straordinari iperbolici. E guardi qui: rivelazioni
sull’assassinio di un mafioso di Valledolmo, Onofrio Battaglia. Articoli
sull’omicidio Martino, ad Alia. L’uccisione di Rosa Arusio ad Alcamo. Correva
dappertutto. I giornali lo tempestavano di richieste. E lui correva felice”.
Il tesserino di giornalista pubblicista di Cosimo Cristina

“Senza peli sulla lingua”, è il biglietto da visita di Prospettive
Siciliane, nell’editoriale del primo numero a firma di Cosimo Cristina.
Prospettive Siciliane era il “giornalino” fondato da Cosimo Cristina insieme al
suo amico Giovanni Capuozzo alla fine del 1959. Per Cosimo un giornale tutto
suo era il sogno di una vita, lì avrebbe potuto scrivere quello che i giornali
per i quali collaborava non gli avrebbero mai fatto scrivere. Sapeva che “i
giornali degli altri non avrebbero aderito a una guerra come lui intendeva. Una
guerra contro i mafiosi della sua città e del circondario”, scrisse sul
Giornale di Sicilia Nicola Volpes. “Basta sfogliare il primo numero –
continuava Volpes - per accorgersi che aveva cominciato alla maniera dei veri
giornalisti. Basta sfogliare i numeri successivi per intendere che aveva
deciso, qualsiasi cosa gli costasse, di mantenere le sue promesse”.
“Senza peli sulla lingua” (...) “Riteniamo - aveva scritto Cristina nel primo editoriale - che premessa indispensabile di ogni
opera di rinnovamento è la moralizzazione. Denunzieremo quindi ogni violazione
ai principii di onestà amministrativa e politica, sicuri anche in questo di
interpretare i sentimenti e le aspettative di un popolo di antica saggezza”. “Forse, quando lavorava ai numeri pubblicati i mesi successivi, i primi
del 1960, era già un uomo morto. Quando la mafia condanna non torna sui suoi
passi. Ne fa solo una questione di tempo e di luogo. Perché la mafia non
combatte alla maniera dei Cristina, ma attende nell’ombra. Non ha bisogno di
giornali, di inchieste coraggiose, di giudizi equilibrati. Condanna e basta.
Fate uccidere quel tale. E c’è sempre qualcuno, nel mondo delle coppole, che
non può dire di no”.
24 giugno 1966 (dal
Giornale di Sicilia)