5 maggio1960. Rinvenuto cadavere Cosimo Cristina, il cronista che sfidò la mafia delle Madonie
Era
il primo pomeriggio del 5 maggio del 1960 quando il corpo di Cosimo
Cristina, giovane giornalista siciliano, fu rinvenuto cadavere sui
binari del treno a Termini Imprese. Due giorni prima, la mattina del 3
maggio alle ore 11 circa, Cosimo Cristina, 25 anni, uscì di casa ben
vestito, con il solito cravattino, rasato di fresco e profumato. La
sera, non vedendolo rincasare, i genitori e le tre sorelle si
impensierirono. Ma Co. Cri. - così firmava gli articoli il giovane
cronista - non tornò a casa neanche dopo due giorni.
Vane
le ricerche dei parenti, degli amici e dei carabinieri. Furono due
giorni di disperazione. Di Cosimo Cristina nessuna traccia. Il suo
corpo fu rinvenuto cadavere due giorni dopo dal guardalinee del
Bernardo Rizzo. Il padre, impiegato delle Ferrovie, apprese la notizia
dalla radio.
Cosimo
Cristina era nato a Termini Imerese l’11 agosto 1935. Tra il 1955 e il
1959 aveva collaborato come corrispondente per L’Ora di Palermo, per il
Giorno di Milano, per l’agenzia Ansa, per il Messaggero di Roma e per
il Gazzettino di Venezia. Giovane e ambizioso, aveva anche fondato e
dirigeva a Palermo, il periodico Prospettive Siciliane.Stava davanti
alle telescriventi dell'Ansa di Palermo ad aspettare per ore il lancio
dello notizie siciliane. Quando arrivavano le notizie in cui è detto in
quattro parole il fatto accaduto, lui correva alla ricerca di un mezzo
per arrivare sul luogo dei fatti e poter mandare i suoi servizi ai
giornali. “Correva per mezza Sicilia, senza automobile, per quei pochi
soldi che gli mandavano. I pezzi uscivano firmati o no, lui li
ritagliava e li conservava. Erano il suo piccolo orgoglio di
corrispondente di provincia che sognava il giornalismo vero ad occhi
aperti. Certe volte saltava sull’auto dei vigili del fuoco per correre
sul posto di un incendio, altre volte si faceva dare un passaggio da
una camionetta della polizia. A un amico confessò che andava sulle
trazzere in bicicletta verso i luoghi dove erano avvenuti delitti”.
Portava
baffi e pizzo e indossava papillon. “Lo prendevano in giro, qualcuno lo
chiamava D’Artagnan – si legge sul Giornale di Sicilia 7 ottobre 1966
-. Se gli sfottimenti lo colpivano non lo dava a vedere. A Termini, uno
che vuole fare il cronista e non l’avvocato o l’impiegato alla regione
è un fallito, se poi porta baffi a punta e pizzo e farfallina è
ridicolo. Se tocca i mafiosi è matto. Cosimo Cristina, nel giudizio
comune, era un po’ di tutte queste cose". Il giovane cronista non è
stato mai commemorato dalle istituzioni nella sua cittadina, la sua
storia è caduta nel dimenticatoio, eppure giovanissimo con i suoi
articoli creava il panico a Termini e nelle Madonie. Il suo delitto
rimase impunito, furono depistate le indagini e passò come “suicidio”.
Sole nel 1966 il questore di Palermo Mangano riaprì le indagini, fu
riesumato il cadavere per l’autopsia, ma non ci fu nulla da fare, era
ormai troppo tardi, il “caso Cristina” fu archiviato.
Racconta
di Cosimo Cristina Giovanni Cappuzzo, condirettore di Prospettive
Siciliane: “Aveva un particolare fiuto della notizia-sensazione, della
notizia da prima pagina. Si era fatto tutto da sé – ricorda Capuozzo -
con la sua ostinata capacità, con il suo grande intuito, ed aveva un
programma ben definito: sapeva quel che voleva. Per primo, bisogna
dargliene atto, in un periodo in cui era pericoloso nella nostra
provincia muoversi in un certo senso, affondare il bisturi su certi
temi tabù, affrontare certi argomenti spinosi, egli ebbe questo
coraggio. Il mestiere lo conosceva, con un istinto da sbalordire anche
i più preparati giornalisti”.
| inviato da
ComuniCalo il 5/5/2008 alle 10:20 | |